Oggi è pratica comune dei nuovi SEO pensare ai contenuti come se avessero un unico lettore: Google bot. La conseguenza è un calo della creatività nonché della qualità del contenuto.
Buona parte dei testi ottimizzati per SEO presentano un utilizzo maniacale di bolding e intestazioni, per non parlare di chi avvalora la tesi che solo i testi aventi una lunghezza minima di 800 parole siano effettivamente efficienti in campo SEO On Site. Sì, probabilmente starete ridendo a crepapelle pure voi ma non i clienti costretti a pagare centinaia di euro a consulenza a super guru che parlano di SEO come se fossero i proprietari degli algoritmi della nota azienda californiana, diventata ormai per molti l’essenza stessa di internet (e per certi versi lo è davvero).
Dello schieramento opposto fanno parte chi invece crede che non esistano testi ottimizzati per SEO o che abbiano poca valenza, poiché ciò che conta è solo la popolarità data dal backlink mediante le tecniche più disparate di link building, dai guest post alle PBN. Se prima ridevo adesso piango.
Sembra dunque essere sfuggita di mano la situazione. Sembra che non importi più conseguire valore a chi legge davvero. Mi domando quanti siano oggi i SEO copywriter che prima di avviare il keywords planner si domandino:
A quale tipologia di utenti ci si sta rivolgendo in questo articolo?
Che tipo di articolo si sta scrivendo? (tutorial, guida, recensione, ecc..)
Quanto tempo in media dedica alla lettura un utente con tali caratteristiche?
Sono domande fondamentali per la stesura di un buon contenuto che solo successivamente va ottimizzato in ottica SEO. Fondamentali sono le risposte se oltre all’ottimizzazione cerchi la conversione mediante circuiti di affiliazione.
Testi più corti a favore di articoli correlati
L’ottimizzazione SEO di un testo non ne implica il prolungamento senza senso. Il testo va arricchito di informazioni pertinenti. Laddove si rischia invece di andare oltre occorre fermarsi, prendere spunto per la scrittura di un eventuale secondo articolo correlato e collegarlo mediante un link interno. I vantaggi sono una diminuizione della frequenza di rimbalzo per gli utenti interessati ad approfondire il discorso ma anche un’agevolazione SEO che aiuterà il bot a capire in che modo gli articoli sono correlati, distribuendo valore.
Attenzione a non eccedere con gli internal links. Un uso eccessivo di internal links (ma anche di link esterni) nello stesso articolo lo renderebbe di scarso valore. D’altronde il link corrisponde ad un’opportunità di approfondimento ed un articolo che rimanda a troppe fonti contiene nella maggior parte dei casi un’informazione poco esaustiva.
Gli internal links inoltre vanno posizionati in paragrafi davvero pertinenti all’argomento della fonte, non solo per aumentare la probabilità di ricevere il click ma per aiutare il bot a comprendere a priori l’argomento trattato dalla fonte.
Keyword stuffing? Meglio di no
Con “l’entrata in vigore” di Google Penguin, buona parte dei siti che facevano largo utilizzo di tecniche di keyword stuffing, ovvero la pratica di ripetere diverse volte una o più keywords per raggiungere una precisa percentuale di densità, hanno ricevuto delle penalizzazioni di ranking.
Questa pratica continua ancora oggi in settori dove sembra funzionare, quasi tutti relativi allo streaming, al cheating ed altri campi di interesse non proprio legali.
È dunque logico oggi scrivere testi ottimizzati per SEO senza ricorrere a tecniche obsolete come questa, vero? No. No perché nonostante sia cosa già nota, è molto comune trovare articoli ottimizzati SEO facenti un uso ripetitivo delle stesse keywords, anche long tail, che rendono la lettura un vero scempio. Più che ottimizzati per ottenere un miglioramento di ranking alcuni sembrano ottimizzati per ottenere penalizzazioni.
Ma allora come si ottimizza un testo per SEO?
Questo articolo non è una guida, anche perché oggi dare delle risposte certe in questo ambito corrisponde a darsi una zappata sui piedi. Potrei rispondere con il classico dipende, la keyword più utilizzata nei forum e nelle pagine social che trattano l’argomento SEO, ma preferisco non farlo e dare delle vere dritte. Sarà poi l’esperienza a fare la differenza, sia nei risultati che nelle fatture.
Come prima cosa, dopo aver risposto quanto meno alle domane sopra citate, occorre ricercare il modo in cui gli utenti cercano un articolo come il nostro. Per farlo utilizzate:
SEO tools come SEOZoom, veramente ottimo per quanto riguarda il mercato italiano. Implementa diversi tools per l’analisi ed il planning delle keywords che sono davvero utili.
Il Keywords Planner di Google Adwords, per lo stesso motivo cui sopra.
I suggerimenti dati da Google Suggest.
Individuate le keywords, scegliete solo quelle davvero pertinenti all’argomento ed iniziate a ricercare i sinonimi. L’utilizzo dei sinonimi agevola la lettura, evita di cadere nella trappola del keyword stuffing ed aumenta anche il range di parole chiave ottimizzate.
Fatto questo controllate anche gli articoli dei competitors, la loro ottimizzazione ed analizzate i commenti degli utenti. Non dimenticate di ottimizzare le immagini (il tag alt ed i nomi dei file).
Una volta “acquistati gli ingredienti”, sarete in grado di iniziare a scrivere un articolo utile per gli utenti ed ottimizzato per i motori di ricerca. Naturalmente l’esperienza farà la differenza, quindi evitate di utilizzare i vostri clienti come test da laboratorio 🙂
Articolo scritto da Salvatore Fresta
Fonte: squeezemind.it